Nota: avevo in cantiere questo articolo (sostanzialmente, senza cambiamenti) da un mesetto, direi che l’uscita di Padri e figli lo rende anche più attuale.
Credo che, se volessimo sintetizzare i problemi del cinema italiano in due semplici parole, queste sarebbero: Gabriele Muccino. No, attenzione, non è come pensate. Sì, il nostro ha creato una telenovela con il fratello che è un esempio di pessima gestione dei social media (e chi scrive non ha mancato di ironizzare sugli eventi). E, come ho già avuto modo di notare, dovrebbe limitare l’incidenza degli incidenti stradali come evento fondamentale dei suoi film. Ma queste sono sottigliezze di poco conto, buone per fare un po’ di gossip. Certo, da Sette anime in poi, i suoi film non sono stati straordinari (attendo di vedere l’ultimo, in uscita questa settimana), ma questo è un aspetto artistico che non voglio affrontare.
Il fatto vero è che Gabriele Muccino è stato (e forse potrebbe ancora essere) la personalità cinematografica italiana più importante del terzo millennio. Spiego meglio questa frase. Ritengo che l’incidenza di un regista europeo nell’industria del suo Paese possa essere notevole in questi due casi:
– Non solo dirige i suoi titoli, ma produce anche film di altri e riesce ad avere successo sostenendo questi altri realizzatori, magari creando un Impero grazie a questi. L’esempio supremo è, non mi stancherò mai di dirlo, Luc Besson.
– Riesce a girare film importanti negli Stati Uniti, con grandi star, che gli permettono di aumentare la sua popolarità mondiale e di avere sempre più potere a Hollywood, con possibile beneficio di tutta l’industria italiana.
Ovviamente, il caso di Muccino è il secondo. Il fatto di aver potuto girare un film come La ricerca della felicità, con quello che all’epoca era la maggior star del mondo, Will Smith, e ottenendo ottimi risultati economici e anche consensi critici, ha rappresentato il vero grande evento per un realizzatore italiano negli ultimi quindici anni.
Sì, perché in un Paese come il nostro, in cui tutti (mass media e istituzioni in primis) pensano soltanto ai risultati al Festival di Cannes e all’Oscar per il miglior film straniero, Muccino avrebbe potuto creare un’industria (e non solo un’industria personale). D’altronde, rispondete a questa semplice domanda: qual è stato l’impatto sull’industria cinematografica italiana della Palma d’oro a La stanza del figlio nel 2001? E quello dell’Oscar a La grande bellezza? A mio avviso nessuno. Semplicemente, come avevo scritto nel caso di Sorrentino, era una vittoria del regista, dei produttori, dei finanziatori e di tutti quelli coinvolti nel film. E basta. L’idea che premi del genere siano un riconoscimento all’industria tutta (fatta di 200 film all’anno: tutti meritevoli di un riconoscimento?) o, ancora più ottimistico, servano per lanciare tutto il panorama italiano nel mondo, o alla meglio ingenuo o alla peggio colpevolmente ignorante.
Il caso di Muccino era assolutamente diverso. Hollywood scommetteva su di lui e il regista rispondeva con un titolo drammatico di grande successo, La ricerca della felicità, che otteneva 307 milioni di dollari nel mondo. Giusto per rendere l’idea, vediamo i titoli premiatissimi e che avrebbero dovuto rilanciare (da soli, s’intende) il cinema italiano nel mondo. La stanza del figlio, Palma d’oro 2001, 11 milioni di dollari nel mondo, Gomorra 35 milioni, Il divo 11 milioni. La grande bellezza (Oscar 2014) 21 milioni. Vero che i dati che ho riportato sono di Boxofficemojo (e che mancherà sicuramente qualcosa, ma certo non cifre enormi) e che, per onestà intellettuale, non è del tutto corretto paragonare un film con Will Smith (che dipende ovviamente moltissimo dalla popolarità di questo attore) con dei prodotti d’autore italiani che si basano moltissimo sui loro registi. Ma proprio questi numeri fanno capire che sarebbe folle pensare di avere una forte industria italiana grazie a degli Autori che magari fanno un film ogni quattro anni, anche perché io ho citato solo gli esempi di successo, mentre ce ne sono decine di altri molto meno fortunati.
Certo, dopo La ricerca della felicità, le cose non sono andate come sperato (anche se, i 168 milioni nel mondo per un film difficile e poco accomodante come Sette anime non li butterei via), ma anche per questo sarebbe stato opportuno rendere maggiormente merito a Muccino. E magari riconoscergli anche certi altri risultati, come la sua capacità di far recitare bene i suoi attori (a mio avviso, Monica Bellucci non è mai stata così brava come in Ricordati di me) o di lanciare giovani promesse (Matilda Lutz nel suo nuovo film rischia di esplodere, cosa auspicabile per tutti quelli che hanno visto L’universale).
Insomma, divertitevi pure quando Muccino aggiorna il suo profilo Facebook. Ma ricordatevi quanto potrebbe essere ancora importante per il cinema italiano…